E’ stata più divertente e più mossa, Inter-Napoli. In finale vanno, così, Gattuso e il suo calcio operaio, italianista, tutto cuore. L’Inter di Conte ha fatto la partita, come all’andata. Molto ha sprecato e molto ha peccato.
Non le sono bastate una frittatona di Ospina, già al 2’, sul corner di Eriksen, e neppure lo sconto di un giallo a Young poco dopo la mezz’ora: sarebbe stato il secondo. Il portiere e il catenaccio: ecco l’oro di Napoli. Non c’è stato tempo di difendere l’1-0 di San Siro. Ce n’era sin troppo, viceversa, per patire gli effetti dello scacco improvviso. Maksimovic e Koulibaly hanno riorganizzato la difesa. Ospina si è ripreso, alla grande: provvidenziale su Lukaku e Candreva all’inizio, due volte su Eriksen alla distanza.
E, soprattutto, cruciale nella dinamica del pareggio. Azione che più verticale non si può. Rinvio lungo verso Insigne, controllo e assist per Mertens, piatto destro e 122° gol, le statistiche del Napoli hanno un nuovo re. Stava dominando, l’Inter. Chi governa, e per giunta è in vantaggio, non può farsi buggerare in quel modo.
A livello individuale, meglio i bassotti Insigne-Mertens dei tori Lukaku-Lautaro (di quest’ultimo, specialmente). Notevole l’impatto di Candreva, poi sfiorito. Brozovic e Zielinski non hanno domato la trama. Eriksen, lui, l’ho visto più a suo agio nel tiro che non in fase di rifinitura. Crescerà . Il solito Napoli, che ha imparato a gestire risorse e limiti. La solita Inter, che nei momenti-chiave, per un motivo o per l’altro, sciupa e si perde.
I cambi non hanno alterato l’intreccio. Se mai, rispetto allo Stadium, ho notato più ritmo. Juventus-Napoli è già stata la finale del 2012. Mazzarri incartò Conte. Sarri ritrova la «piazza» dalla quale lanciò il messaggio alla nazione. In campionato, al San Paolo, vinse Gattuso: 2-1. Ringhio sa di essere più debole: ma sa anche come simularlo.